User interface: una questione di aspetti funzionali, non di gusto personale

Si progetta un software partendo dalle necessità degli utenti, non da esigenze estetiche soggettive

Le persone usano le applicazioni quando facilitano la loro vita. Per questo la user interface dei nostri software nasce dalle esigenze degli utenti. Quando la user interface è davvero funzionale risulta anche esteticamente adeguata.

Abbiamo già affrontato alcuni dei motivi per i quali I siti Internet nascono dai contenuti, soffermandoci in particolare sul ruolo del testo, del copywriting e più in generale delle informazioni.
In questo articolo, invece, voglio esporre una riflessione che lascia da parte i siti aziendali, concentrandomi su software più complessi, le web app, e sul rapporto tra user interface, contenuti e scopo.

Innanzitutto i software soddisfano necessità funzionali

Rifletti sulla tua quotidianità: scorrendo le foto di Instagram, o usando un tool online in ufficio, ogni volta che interagisci con un software la tua attenzione è concentrata su una lista di attività che devi svolgere per le quali hai bisogno di informazioni e funzionalità specifiche.

Ora prova a riflettere sul tempo che dedichi a valutare quanto l’interfaccia di quei software ti piaccia o meno, da un punto di vista del gusto personale. Probabilmente molto poco tempo, se non affatto. Sarebbe legittimo e naturale: in questi momenti sei alla ricerca di contenuti o indaffarato a portare a termine precise interazioni. Da questa prospettiva si può dire che i contenuti e le nostre necessità operative ci interessano molto di più e sono infinitamente più importanti del loro contenitore, ovvero l’interfaccia.

Eppure, nonostante si possa concordare sulla subordinazione del contenitore al contenuto, l’estetica di un’interfaccia non è un dettaglio che si può trascurare. Di solito per ragioni di marketing (chi si occupa di vendite e di design le conosce molto bene) e, nel caso dei software, anche per un altro motivo che affronto qui di seguito.

Funzionale significa anche visivamente ragionato

La componente grafica è fortemente intrecciata con gli aspetti funzionali: pensa ai casi in cui ti sei lamentato di un comando con un’icona che non riuscivi a riconoscere, di un bottone di un colore che lo nascondeva alla tua vista, di un testo così minuto da affaticare la lettura o di un carattere tipografico dalla forma illeggibile.
Sono tutti problemi di natura funzionale: una particolare caratteristica visiva ostacola il nostro tentativo di mettere in pratica quello che dobbiamo fare.

Esempi di font, icone e bottoni

Quale bottone si vede meglio? Quale delle icone è più riconoscibile come casa? Quale font è più comprensibile? Quale testo è più leggibile? Come avrai notato, ci sono scelte visive migliori di altre e che semplificano la nostra interazione con i contenuti.

Sebbene la forma delle cose contribuisca a plasmare la nostra opinione su ciò che ci piace secondo una logica soggettiva, noterai anche che gli esempi funzionali portati sono legati a situazioni in cui si palesa ciò che è fatto male e non tanto ciò che è brutto in sé.
Infatti l’icona, il bottone e il testo citati poco prima potrebbero piacerti: lo stile, il colore e il font potrebbero coincidere con i criteri del tuo gusto personale pur mantenendo la loro scarsa funzionalità in quei contesti precisi.

Esempi di font e colori

Ci sono accostamenti cromatici, forme e dimensioni che possono stuzzicare il nostro gusto personale, ma questo non basta per renderle scelte valide.

Ecco dunque che emerge una sfumatura, un confine vago ma sostanziale, tra ciò che graficamente attiene al funzionale e quello che invece ci soddisfa sul piano personale.

Quindi quale dovrebbe essere la priorità di chi è coinvolto nella progettazione delle interfacce di un software?
Per noi, in Dreamonkey, si deve perseguire ciò che è fatto bene. Il motivo lo hai letto chiaramente: agli utenti interessa il contenuto, quindi si deve progettare per renderlo davvero fruibile, sforzandosi – per quanto è possibile – di non lasciarsi fuorviare da quello che ha attinenza al bello soggettivo.

Dunque come si favoriscono i contenuti per ottenere migliori risultati funzionali?

La prototipazione come occasione di riflessione

Una risposta alla domanda precedente è presto data: con la prototipazione del software.
Il team di designer e programmatori analizza approfonditamente le necessità dell’utente finale, in termini di informazioni che cerca e attività che deve svolgere, per fornirgli la soluzione più adeguata, limitando il più possibile gli ostacoli nei quali potrebbe incorrere durante la sua esperienza d’uso.

Alcune delle domande fondamentali da porsi sono: che informazioni cerca l’utente? Cosa deve farne? Che strumenti gli servono per farlo? Dove vanno posizionati per renderli intuitivi? In quali situazioni verranno usati? Al contrario, quali informazioni e strumenti sembrano necessari e in realtà sono superflui o possono confonderlo?

Analisi dei requisiti, sketch strutturali e mockup sono tutti passaggi della prototipazione che concorrono in misura diversa al risultato.
Anche intervistare gli utenti è un’altra buona norma adottata da chi si occupa di user experience per identificare i dati, le funzionalità più utili o indispensabili e soprattutto, nel caso di software da restaurare, i problemi più comuni riscontrati durante l’uso della versione da aggiornare.
Al progettista è richiesto uno sforzo di immedesimazione distaccato, critico verso le richieste del committente – o del management – e verso se stesso; è un vero e proprio momento di riflessione in cui è bene accantonare i preconcetti che limitano la nostra capacità di vedere le soluzioni che funzionano davvero e accogliere le conclusioni che emergono dal quadro dei dati raccolti.

Un esempio di studio di protipazione

I prototipi fanno emergere le necessità concrete del software grazie al contributo dei futuri utenti e il confronto con il cliente: i feedback verbali alimentano la riflessione del progettista e lo aiutano a dare forma ai contenuti.

Purtroppo ogni progetto di software è il frutto di un compromesso, perciò bisogna essere consapevoli del fatto che non è sempre possibile affrontare il lavoro nel miglior modo possibile e che esiste un confine concreto tra le situazioni ideali e quelle reali, sul quale è possibile lavorare per minimizzare gli aspetti negativi ma che difficilmente può essere rimosso completamente.

Il percorso del team non è tracciato dalla volontà di realizzare un’interfaccia bella in senso soggettivo ma bella in quanto funzionale.
Perché allora alcuni clienti e reparti IT delle aziende non riescono a focalizzarsi sull’importanza di questi aspetti e trascurano le fasi che gettano le fondamenta di un software davvero tagliato per facilitare la vita dei suoi utilizzatori?

Identificare i contenuti importanti non è sempre intuitivo

Lavorando direttamente al restauro di interfacce preesistenti e fornendo consulenze ad altri team di sviluppo mi sono accorto che questo approccio non è intuitivo quanto si potrebbe credere e che non viene sempre affrontato in modo metodico e approfondito.

Quando gli impegni saturano l’agenda di lavoro non è facile sedersi a un tavolo e prendersi il tempo per sviscerare questi temi. La fretta induce a credere che sia meglio mettersi subito all’opera sulla parte implementativa, ma dovremmo imparare a dare più importanza al tempo che dedichiamo alla riflessione.
Lanciarsi sul codice genera un buon numero di problemi, soprattutto in assenza di una figura adeguatamente formata che faccia da guida e coordinatore per affrontare questo aspetto progettuale.

Tra manager che avanzano richieste affrettate, programmatori giocoforza improvvisati designer, metodi e strumenti superati e lavoratori del digitale rimasti indietro su alcuni aspetti cruciali della progettazione degli spazi online, c’è sicuramente spazio per migliorare questo aspetto della realtà di oggi, che è qui per restare, almeno per molti anni ancora.
Data la presenza di così tante figure ibride o improvvisate, mi sento di suggerire almeno due aspetti che determinano il problema.

Cosa manca al mondo dei software aziendali

Da un lato l’assenza di figure professionali formate, interne o esterne alle aziende, per destreggiarsi specificamente con queste necessità di design e di UX/UI.
Dall’altro l’arretratezza culturale sul tema digitale – mi viene da pensare specificamente italiana – che ostacola l’imporsi di una nuova visione del mondo delle interfacce web in settori come quelli dell’industria, del manifatturiero, degli impianti di produzione, ecc.
In queste realtà produttive l’assenza di necessità di brand e d’immagine rivolta al pubblico dei consumatori ha portato a ritenere che non fosse opportuno investire in tal senso (seppur con obiettivi diversi da quelli di aziende sotto i riflettori come la moda, il food e il tech) ma non è affatto così.

Questa visione deve nascere dalla consapevolezza che lo studio e la progettazione di interfacce efficaci ci aiuta oggi a migliorare la produttività e l’efficienza e ci aiuterà sempre di più in futuro, in questi e tanti altri settori, perché Internet e gli spazi digitali sono qui per restare e ingloberanno sempre più aspetti delle nostre vite.
Ignorare il tema significa etichettarlo come un aspetto del software di serie B e rassegnarci a fornire ai lavoratori – e più in generale alle persone – strumenti sempre più complessi e dalle possibilità incredibili ponendo però un ostacolo che rende più difficile quello che dovrebbe essere semplice.

Il mondo accademico e della formazione dovrebbe consolidare percorsi adeguati per legittimare questo tipo di conoscenza e le aziende che vogliono competere nel mercato del prossimo futuro dovrebbero iniziare ad aumentare gli investimenti per trarne vantaggio.

Se ritieni che valga la pena approfondire il discorso, Dreamonkey è qui per consigliarti. Contattaci per una consulenza o per un preventivo.