Un bambino che si punge con le spine di un cactus smette di toccarlo. Un robot programmato per toccare cactus non smetterebbe di farlo, neppure se provasse dolore. La morale è: tutti gli esseri umani – o quasi… – imparano dagli errori, i computer no. Ma se ci riuscissero anche loro? In tal caso, ci troveremmo di fronte ad una Intelligenza Artificiale (IA).
Il Machine Learning è quella branca dell’informatica che studia e sviluppa soluzioni mirate alla creazione di una IA. Implementare algoritmi di Machine Learning significa fornire ad un software la capacità di imparare autonomamente e migliorare dall’esperienza acquisita in precedenza. Questo significa che una volta attivati i processi del software non è necessario l’intervento di programmatori per correggere i suoi errori, almeno teoricamente.
Questo apprendimento autonomo si basa su grandi database digitali dai quali i software attingono per imparare ad organizzare e riconoscere le informazioni utili al compito loro assegnato. Semplificando, l’apprendimento viene messo in moto con l’osservazione dei dati – che inizialmente può avvenire con o senza l’assistenza di un supervisore umano – in base al tipo di approccio adottato. Solitamente il software elabora dei modelli decisionali basati sui dati e poi applica queste scelte, migliorandosi nel tempo.
Il Machine Learning è di aiuto, per fare un esempio, in tutti quei campi in cui la scala delle attività da svolgere è talmente grande da renderla estremamente costosa, lunga o logorante se affidata ad esseri umani. Si pensi alla moderazione dei contenuti violenti o offensivi vietati sui social network, che ogni giorno sono nell’ordine delle migliaia e ai danni psicologici che possono provocare agli operatori sul lungo periodo.