AngularConnect 2019: impressioni a caldo
Ero presente durante questo weekend di incontri, cosa porto a casa da questa esperienza?
Di Paolo Caleffi
Dreamonkey è una realtà ad alto tasso di innovazione e per noi rimanere sempre sulla cresta dell’onda non è un vezzo: è una necessità. Per questo spesso qualcuno in azienda viene accuratamente imballato e spedito ad inseguire il sogno di tecnologie migliori e banane più mature. Questa volta è capitato a me, lanciato nelle impietose strade di Londra.
Disclaimer: questo articolo parla delle mie impressioni soggettive sulla conferenza, una recensione per chi l’anno prossimo dovrà decidere se andarci o meno. Ho scritto anche un articolo gemello in cui, in modo più oggettivo, faccio un sunto dei talk e delle principali novità.
Ero già stato ad alcune conferenze in Italia, ma si sa che l’erba del vicino è sempre più verde. Soprattutto se sul giardino del vicino piove sempre! Il “vicino” in questione, per questa mia prima conferenza a livello europeo, è stato il Regno Unito.
Qualche malalingua potrebbe insinuare che sia stata solo una scusa per visitare Londra prima che Brexit renda più difficoltoso visitarla per i cittadini europei: non posso confermare né smentire queste affermazioni.
Ciò che mi è concesso dire è che il volo per tornare a casa partiva sabato notte, quindi ho avuto un’intera giornata, tolte quelle della conferenza, per visitare la città… Che fortunata coincidenza!
Un po’ di contesto
AngularConnect è la conferenza di Angular più importante d’Europa, organizzata da White October Events. Dreamonkey lavora con vari framework front-end, tra cui Angular, nel realizzare web app su misura per i propri clienti; eventi come questo sono quindi per noi occasione di entrare in contatto con la community, avere anticipazioni sulle prossime evoluzioni dell’ecosistema e in generale sbirciare cosa succede fuori dai nostri confini nazionali.
La conferenza di quest’anno (2019) si è svolta giovedì 18 e venerdì 19 settembre al Queen Elizabeth II Centre, uno spazio per conferenze facile da raggiungere, spazioso e a due passi dal parlamento.
Impressioni generali
A livello organizzativo e logistico ho notato una buona preparazione: non ci sono stati problemi organizzativi evidenti fatta eccezione per il ritardo sulla tabella di marcia il primo giorno, oscillante tra i 15 ed i 30 minuti.
Un italiano che si trovi a Londra, per scelta o per destino, sapete bene che su un tema in particolare avrà (fondate) preoccupazioni: la famigerata cucina inglese.
Per questo sono rimasto piacevolmente stupito dalla qualità del cibo: gli organizzatori evidentemente non si sono risparmiati a riguardo e il catering ha fatto un ottimo lavoro, fornendo sempre diverse possibilità a pasto di cui almeno una vegana.
Extras & After Hours
Speciale cura è stata messa nelle attività di contorno, che hanno fornito più di un’occasione di fare networking.
Il Community lunch di giovedì aveva lo scopo di spronare i partecipanti a organizzare a loro volta nuovi incontri locali e/o nazionali, mettendoli in contatto con chi ha già organizzato importanti conferenze.
Tra tutte, questa è stata forse l’attività meno riuscita: il focus non era chiaro in partenza e i ritardi della giornata hanno fatto sì che durasse solo 20 minuti scarsi.
Mi sono volentieri unito al giro turistico organizzato nel centro di Londra dopo la chiusura dei lavori della prima giornata. Purtroppo è stato difficile seguire tutte le spiegazioni della guida: essendosi svolto nell’orario di punta, il rumore del traffico ha più volte coperto e interrotto il racconto e la numerosa partecipazione non ha aiutato a riguardo.
A metà della visita ho dovuto abbandonare il gruppo per dirigermi verso un altro evento serale: il Meetup London. Mi aspettavo un incontro di networking tra partecipanti alla conferenza e poco più, con mia sorpresa mi sono invece ritrovato faccia a faccia con gli sviluppatori del core team di Angular che, dopo aver risposto ad alcune domande dal pubblico, si sono mischiati ai partecipanti discutendo più informalmente. Per tutta la durata dell’evento gli sviluppatori del core team si sono dimostrati molto aperti, condividendo i piani futuri del framework e raccogliendo feedback. Questa disponibilità, se confrontata con esperienze di altre conferenze, pare sia una particolarità della community di Angular.
Sarebbe auspicabile che questa disponibilità si riflettesse anche nella gestione quotidiana del framework, per esempio condividendo con la community le RFC (Request For Comments) sulle nuove funzionalità e una roadmap di lungo respiro, come molti altri soggetti in questo campo fanno ormai da anni.
Purtroppo è un auspicio destinato a rimanere sulla carta: a tal riguardo mi è stato detto che ciò sottrarrebbe troppo tempo allo sviluppo vero e proprio.
C’è poi da considerare l’elefante nella stanza: nei casi in cui le necessità di Google dovessero entrare in conflitto con quelle della community, cosa succederebbe?
Il Diversity and Inclusion lunch di venerdì è stato, a mio avviso, la migliore attività di contorno. L’impressione che ne ho avuto è che la community di Angular si stia spendendo molto per tutelare le minoranze e prevenire i comportamenti tossici molto diffusi nel nostro campo lavorativo. Il poco tempo dedicato agli interventi spontanei, rispetto a quelli programmati, è stato una delle poche note negative. Ho anche avuto l’impressione che all’incontro abbiano partecipato ben poche persone del target che questo genere di attività dovrebbe avere: chi non è ancora sensibilizzato a riguardo o, ancora peggio, non considera il problema come reale.
Fauna
Data la natura enterprise-oriented di Angular (nel mio confronto tra Vue e Angular ne parlo più estesamente), la stragrande maggioranza dei partecipanti con cui ho avuto modo di parlare era impiegato, direttamente o indirettamente, da grandi aziende con 50, 400, 1500 dipendenti e oltre.
Molti erano programmatori senza responsabilità decisionali sul posto di lavoro: spesso mi sono trovato nella situazione di allungare il mio biglietto da visita e sentirmi rispondere che l’interlocutore non ne aveva uno con cui contraccambiare.
La mattinata del primo giorno, assecondando la mia errante curiosità, ho creato al volo un sondaggio. Lo scopo era di tastare il terreno sulla conoscenza dell’ecosistema degli altri partecipanti alla conferenza, ma dopo averlo sottoposto ai poveri malcapitati che mi si sono seduti vicino ho capito due cose:
- in futuro è meglio che mi prepari il questionario in anticipo, su un foglio volante non ha abbastanza stile;
- molti partecipanti non avevano mai provato nulla che non fosse Angular: conoscevano Vue o React solo di nome, figurarsi framework di secondo livello come Quasar o Nuxt!
L’ignoranza non si limitava solo ai framework concorrenti, ma anche a tool cross-framework molto noti nel settore, come NativeScript, Ionic, ecc. Sicuramente il campione statistico non è realmente significativo in questo caso, ma anche parlando più informalmente con altri partecipanti ho avuto l’impressione che la maggior parte fossero sviluppatori junior, inviati lì come surrogato di una seria politica di mentoring.
I migliori speaker
Seguo da vicino chi si dedica alla formazione in campo tecnologico. Non è un caso che su questo blog ci si prodighi nel creare articoli con un livello stilistico e contenutistico significativi: il nostro obiettivo non è solo comunicare, ma anche essere d’esempio per altri. Per questo spesso analizzo istintivamente lo stile comunicativo di chi ascolto e alcuni dei frontmen mi hanno colpito particolarmente. Ho voluto stilare una lista dei migliori speaker tra quelli che ho avuto il piacere di ascoltare, incentrata sulle capacità di comunicazione, indipendentemente dal tema trattato.
Nel suo talk il messaggio era chiaro: anche l’ultimo dei programmatori può fare la differenza nel risolvere il problema dell’emergenza climatica. Lo stile ha ricordato a tratti uno spettacolo di stand-up comedy, riuscendo a coinvolgere e divertire l’intera platea coi suoi numerosi quiz. Il suo modo di tenere il pubblico, e di divertirsi nel farlo, ricalca il mio modo di approcciarmi alle medesime situazioni e forse proprio per questo è lo speaker che ho più apprezzato.
Non posso che definire il suo stile come “americano”: energico, entusiasta, sicuro di sé, capace di mostrarsi a suo agio anche davanti ad una platea numerosa. Il suo talk era incentrato sulla DX (Developer eXperience) dell’integrazione tra Microsoft Azure e Angular. Sapevo già, prima ancora di iniziare, che il tema non mi sarebbe interessato più di tanto. Eppure, grazie alla presenza scenica di John, l’attenzione è sempre rimasta alta, che lo volessi o no. Mi ha lasciato la forte impressione che avrebbe potuto parlarmi anche della coltivazione dei cavolfiori in Ohio e sarebbe comunque riuscito a farsi ascoltare.
Oltre ad essere una delle poche speaker donna, ha anche tenuto uno dei rari talk non tecnici e, a mio avviso, uno dei più interessanti. Si è concentrata su un argomento ancora più importante dello scrivere codice: l’avere un team di lavoro sano, funzionale e sostenibile sul lungo periodo. Il suo stile energico e passionale mi ha trasmesso la stessa carica che sicuramente mette nel suo lavoro, mentre risultava chiara la sua convinzione di poter fare la differenza sul quel palco. Considerando l’effetto che ha avuto su di me, posso affermare che quella convinzione fosse giustificata.
Ci sono stati anche altri speaker notevoli e che vi consiglio di seguire su Twitter o cercare su Youtube (in ordine di gradimento): Minko Gechev, Stephen Fluin, Miško Hevery e Max Koretskyi sono quelli che mi hanno colpito maggiormente.
E un’altra cosa…
Se avete trovato utile l’articolo, fatecelo sapere! Continueremo a scriverne comunque, ma sapere che i nostri contenuti vi hanno aiutato sicuramente sprona a farlo sempre meglio!
Se invece avete un progetto tra le mani, ricordate che l’aiuto di un esperto è inestimabile nelle prime fasi di analisi e che offriamo anche un servizio di consulenze. Che fortunata coincidenza!
[Le foto di questo articolo sono prese dall’account Flickr di White October Events e usate con il suo permesso.]